Visitare la mostra Pietro
Bembo e l’invenzione del Rinascimento significa rivedere, dopo più di 500 anni, una collezione in grado di
raccontare la storia di un uomo che ha saputo tener fede al proprio sogno: vivere di
arte e poesia, di amore e nobili passioni.
Una mostra d’arte (e non solo) il cui perno, appunto un letterato, il legislatore della lingua italiana, concede ai visitatori un punto di osservazione privilegiato e permette un’approfondita conoscenza dell’anima di un mondo, che parla di sé attraverso un’eccezionale galleria di dipinti, ma anche raffinate sculture, straordinari manoscritti e libri a stampa.
La mostra segue le principali e più feconde stagioni della vita di Bembo,
cominciando dalla giovinezza umanistica, mettendo in risalto l’influente ruolo
giocato dal padre Bernardo, uomo autorevole, lungimirante e grande umanista,
per anni al servizio della Serenissima; in esposizione un sublime codice
manoscritto, con il progetto, idealizzato proprio da Bernardo Bembo, per la
costruzione della cella che avrebbe ospitato le spoglie dell’Alighieri, che
sarebbe stato affidato allo scultore Pietro Lombardo.
Una mostra d’arte (e non solo) il cui perno, appunto un letterato, il legislatore della lingua italiana, concede ai visitatori un punto di osservazione privilegiato e permette un’approfondita conoscenza dell’anima di un mondo, che parla di sé attraverso un’eccezionale galleria di dipinti, ma anche raffinate sculture, straordinari manoscritti e libri a stampa.
Hans Memling,
San Giovanni Battista (fronte)
e Teschio o Vanitas (verso);
Veronica (fronte) e Coppa (verso). |
Ad accogliere i visitatori due tavolette di Hans Memling, parte di un dittico smembrato, riunite insieme per la prima volta in Italia, con il loro carattere malinconico ma raffinato, testimonianza dei rapporti e dell'interesse che intercorsero nella seconda metà del XV secolo tra gli italiani e la pittura fiamminga.
Emozionante, per chi come me, non era ancora nata ai tempi della leggendaria mostra veneziana di Palazzo Ducale, è la vista delle tele del Giorgione, riunite a Padova dopo molti anni.
Giorgione, Doppio ritratto. |
Il Doppio ritratto Ludovisi (1502), sublime riflessione neoplatonica sui diversi gradi dell'amore e sentimentale ritratto di Amicizia, in cui diversi critici sulla scorta di Ballarin, hanno voluto identificare due personaggi degli Asolani di Bembo, Perottino e Lavinello; seguono il cortese Ritratto detto Brocardo e Ritratto di giovane con libro verde, testimonianza della diffusione, a partire da inizio '500, di una nuova moda d'élite, il libro a stampa in formato portatile, stampato per la prima volta dall'editore Aldo Manuzio, su idea dello stesso Bembo. Discordante, a mio parere, è la scelta d'illuminazione a faretto alogeno puntato sul Doppio Ritratto, in contrasto con la fonte di luce infusa da Giorgione (alla destra del giovane che regge il melangolo, e risaltata sulla colonna).
Evidente è la correlazione che intercorre tra lo spirito cortese moderno di Bembo e la ritrattistica giorgionesca, dove i ritratti sono (per usare un gioco di parole) ritratti di un gesto: è il gesto della mano drammatico, sentimentale o cortese, uno dei più memorabili di Giorgione.
Giorgione, Brocardo. |
Raffaello, Ritratto di Elisabetta Gonzaga. |
Giorgione, Ritratto di giovane
con libro verde.
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Quando il Bembo viene nominato segretario di papa Leone X, si apre la grande stagione romana, che ci viene raccontata dall'enorme arazzo per la Cappella Sistina di Raffaello, purtroppo esposto in posizione obliqua a causa delle limitate possibilità spaziali della saletta in cui è esposta, e la delicata Piccola Sacra Famiglia, memore dell'esperienza leonardesca (ci è sufficiente notare la composizione piramidale e lo sfondo sfumato)dai lineamenti dolci ma delineati, destinata al cardinal Bibbiena ma con tutta probabilità eseguita per intero da Giulio Romano.
Giulio Romano, Piccola Sacra Famiglia. |
Tiziano, Tobiolo e l'arcangelo. |
Tiziano, Ritratto di Pietro Bembo. |
La mostra si conclude proprio col Tiziano, con il grande ritratto di Bembo cardinale (successivo alla nomina del 1539), dove le pennellate si fanno impressioniste, riferendosi al periodo in cui s'avvicinò all'ambiente spirituale della poetessa ed intellettuale Vittoria Colonna, che in quegli stessi anni strinse un forte rapporto d'amicizia con Michelangelo a cui invio numerosi manoscritti di poesie, ricevendo in cambio l'eccezionale disegno del Cristo in croce qui esposto.
Michelangelo, Cristo in croce. |
Una mostra davvero ammaliante, che coinvolge nelle passioni intellettuali e amorose di Pietro Bembo, permettendoci di rivivere un mondo in cui l'arte era strumento di conoscenza. Unica peccato, la ridotta dimensione di tutte le sale che ospitano l'esposizione: il piano nobile di Palazzo del Monte di Pietà è caratterizzato da una struttura a piccole stanze, che evidentemente non permette una buona affluenza dei visitatori, che, passando di sala in sala, si trovano congestionati e ciò impedisce una visione lineare e fluida del percorso espositivo, sin dall'ingresso.
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