mercoledì 13 marzo 2013

Pietro Bembo. La mostra padovana


Visitare la mostra Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento significa rivedere, dopo più di 500 anni, una collezione in grado di raccontare la storia di un uomo che ha saputo tener fede al proprio sogno: vivere di arte e poesia, di amore e nobili passioni. 
Una mostra d’arte (e non solo) il cui perno, appunto un letterato, il legislatore della lingua italiana, concede ai visitatori un punto di osservazione privilegiato e permette un’approfondita conoscenza dell’anima di un mondo, che parla di sé attraverso un’eccezionale galleria di dipinti, ma anche raffinate sculture, straordinari manoscritti e libri a stampa.  
Hans Memling, 
San Giovanni Battista (fronte) 
e Teschio o Vanitas (verso); 
Veronica (fronte) e Coppa (verso). 

La mostra segue le principali e più feconde stagioni della vita di Bembo, cominciando dalla giovinezza umanistica, mettendo in risalto l’influente ruolo giocato dal padre Bernardo, uomo autorevole, lungimirante e grande umanista, per anni al servizio della Serenissima; in esposizione un sublime codice manoscritto, con il progetto, idealizzato proprio da Bernardo Bembo, per la costruzione della cella che avrebbe ospitato le spoglie dell’Alighieri, che sarebbe stato affidato allo scultore Pietro Lombardo.

Ad accogliere i visitatori due tavolette di Hans Memling, parte di un dittico smembrato, riunite insieme per la prima volta in Italia, con il loro carattere malinconico ma  raffinato, testimonianza dei rapporti e dell'interesse che intercorsero nella seconda metà del XV secolo tra gli italiani e la pittura fiamminga. 

Emozionante, per chi come me, non era ancora nata ai tempi della leggendaria mostra veneziana di Palazzo Ducale, è la vista delle tele del Giorgione, riunite a Padova dopo molti anni. 

Giorgione, Doppio ritratto.

Il Doppio ritratto Ludovisi (1502), sublime riflessione neoplatonica sui diversi gradi dell'amore e sentimentale ritratto di Amicizia, in cui diversi critici sulla scorta di Ballarin, hanno voluto identificare due personaggi degli Asolani di Bembo, Perottino e Lavinello; seguono il cortese Ritratto detto Brocardo e Ritratto di giovane con libro verde, testimonianza della diffusione, a partire da inizio '500, di una nuova moda d'élite, il libro a stampa in formato portatile, stampato per la prima volta dall'editore Aldo Manuzio, su idea dello stesso Bembo.  Discordante, a mio parere, è la scelta d'illuminazione a faretto alogeno puntato sul Doppio Ritratto, in contrasto con la fonte di luce infusa da Giorgione (alla destra del giovane che regge il melangolo, e risaltata sulla colonna).
Evidente è la correlazione che intercorre tra lo spirito cortese moderno di Bembo e  la ritrattistica giorgionesca,  dove i ritratti sono (per usare un gioco di parole) ritratti di un gesto: è il gesto della mano drammatico, sentimentale o cortese, uno dei più memorabili di Giorgione. 

Giorgione, Brocardo.
Raffaello, Ritratto di Elisabetta Gonzaga.

Giorgione, Ritratto di giovane 
con libro verde.


Il mondo delle corti di Ferrara, Mantova, dove Bembo scoprì la pittura del Mantegna (in mostra il sublime San Sebastiano della Ca' d'Oro) e Urbino, scorre davanti ai nostri occhi in questo viaggio per immagini, ed il Ritratto di Elisabetta Gonzaga di Raffaello accanto all'inedito Ritratto di Giovane donna di Costa, ci vogliono raccontare il poeta Bembo al bivio tra doveri e passione, tra poesia e amore: in esposizione anche un reliquiario con i capelli di Lucrezia Borgia, il grande amore di Pietro.La pittura dell'anima giorgionesca diviene pittura di bellezza e amore, non d'impeto passionale, ma un'amore di corte.

Quando il Bembo viene nominato segretario di papa Leone X, si apre la grande stagione romana, che ci viene raccontata dall'enorme arazzo per la Cappella Sistina di Raffaello, purtroppo esposto in posizione obliqua a causa delle limitate possibilità spaziali della saletta in cui è esposta, e la delicata Piccola Sacra Famiglia, memore dell'esperienza leonardesca (ci è sufficiente notare la composizione piramidale e lo sfondo sfumato)dai lineamenti dolci ma delineati, destinata al cardinal Bibbiena ma con tutta probabilità eseguita per intero da Giulio Romano. 


Giulio Romano, Piccola Sacra Famiglia.
Mentre a Roma Bembo lavora per il Pontefice e s'assiste alla nascita di una nuova architettura, documentata in mostra da disegni di Raffaello,Bramante e Sangallo il giovane, a Venezia è all'opera il Tiziano del secondo decennio del secolo, che accentua la ricerca di un dinamismo intenso, di cui è testimonianza nel percorso, il Tobiolo e l'angelo (1512) dove è ben resa la "presenza fisica" nonostante le pose non tradizionali delle figure, con l'immancabile cagnolino e lo sfondo che ci ricorda il Concerto campestre (da notare lo stemma Bembo "d'azzurro al capriolo d'oro, accompagnato da tre rose di rosso", a indicare la proprietà dell'opera). 

Tiziano, Tobiolo e l'arcangelo.
Tiziano, Ritratto di Pietro Bembo.




















La mostra si conclude proprio col Tiziano, con il grande ritratto di Bembo cardinale (successivo alla nomina del 1539), dove le pennellate si fanno impressioniste, riferendosi al periodo in cui s'avvicinò all'ambiente spirituale della poetessa ed intellettuale Vittoria Colonna, che in quegli stessi anni strinse un forte rapporto d'amicizia con Michelangelo a cui invio numerosi manoscritti di poesie, ricevendo in cambio l'eccezionale disegno del Cristo in croce qui esposto. 

Michelangelo, Cristo in croce.
Una mostra davvero ammaliante, che coinvolge nelle passioni intellettuali e amorose di Pietro Bembo, permettendoci di rivivere un mondo in cui l'arte era strumento di conoscenza. Unica peccato, la ridotta dimensione di tutte le sale che ospitano l'esposizione: il piano nobile di Palazzo del Monte di Pietà è caratterizzato da una struttura a piccole stanze, che evidentemente non permette una buona affluenza dei visitatori, che, passando di sala in sala, si trovano congestionati e ciò impedisce una visione lineare e fluida del percorso espositivo, sin dall'ingresso. 






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